Giulia e il Polpo - una storia di sguardi, tentacoli e ventose





Non potevo non dedicare il mio primo articolo a questa creatura e al nostro rapporto di amore e odio che ha accompagnato e rallegrato le mie giornate da acquarista. Potrei raccontarvi tante cose interessanti sui polpi: sono intelligentissimi, hanno tre cuori e il sangue blu...ma quello che vi propongo oggi è qualcosa di diverso, che vi farà comprendere l’intelligenza di questi animali molto di più di un trattato di anatomia sul loro cervello.

Giugno 2017 – Può sembrare strano per una biologa marina ma i polpi mi hanno sempre fatto abbastanza impressione: troppi tentacoli, decisamente troppe ventose e un’astuzia che si ritrova in pochi altri animali.  A giugno dell’anno scorso le mie conoscenze su queste creature erano più che altro quelle teoriche imparate durante l’università: sapevo spiegare perfettamente come funziona il loro organismo, come si riproducono e dove vivono. Qualche volta mi era capitato di incontrare un polpo durante le immersioni subacquee e avevo potuto toccare con mano il loro talento nel mimetizzarsi con l’ambiente circostante. Mi ero imbattuta in questo animale anche a bordo dei pescherecci, dove, all’insaputa dei pescatori, mi divertivo ad osservarli mentre fuggivano dalle vaschette di polistirolo e tornavano al mare attraverso piccoli pertugi posti sui fianchi della barca (sono dei veri maestri nell’escapismo). A giugno dell’anno scorso le mie conoscenze sul polpo erano queste e ben presto mi sarei resa conto che ero davvero lontana dal comprendere veramente questo straordinario animale.  

Era un caldo pomeriggio di giugno quando il polpo fece il suo ingresso nell’acquario dove lavoravo. Si trattava di una femmina di media grandezza con un occhietto furbissimo e una grande passione per i getti d’acqua (amava sventolare i tentacoli davanti al getto d’acqua della mandata della vasca, come se fosse una diva d’altri tempi che scioglie i capelli al vento viaggiando su una cabrio). Lavoravo in acquario da circa un mese e non avevo la più pallida idea di come si gestisse un animale simile in cattività. All’epoca mi occupavo solamente di preparare il cibo e di alimentare gli animali...quindi potete ben capire perché la mia prima preoccupazione fu quella di scoprire come si faceva ad alimentare un polpo. Parlando con i miei colleghi mi era stato spiegato che gli si porgeva il cibo (cozze, gamberetti e piccoli pesci) con l’aiuto di una lunga pinza. Semplice, no? Peccato che questa spiegazione non tenesse in considerazione la curiosità e la furbizia del polpo...e tutte le sue ventose.

“Ma non ti preoccupare”, mi rincuorarono, “domani ti facciamo vedere come si fa”.

É così che mi sono ritrovata qui, sola di fronte alla vasca del polpo, armata di pinza e di cozza.
“Giulia non abbiamo tempo per venire con te, devi dare da mangiare al polpo da sola, tanto hai capito come si fa, no? E MI RACCOMANDO controlla che mangi la cozza perché dentro c’è un antibiotico che deve ASSOLUTAMENTE prendere.”
E che problema c’è?
Studio per qualche minuto l’animale da dietro il vetro della vasca, faccio un respiro profondo ed entro nel retro vasca. Salgo tre gradini, alzo la copertura-anti-evasione posta sopra alla vasca e guardo in basso. Nulla si muove, la quiete prima della tempesta. Il polpo non si fa attendere e nel giro di qualche secondo arriva in superficie e inizia a fissarmi.
“Ciao bella! Ti piace la tua nuova casa? Adesso ti do la pappa!” la saluto amichevolmente, ignara di quello che stava escogitando (sì, parlo agli animali e sì, sono convinta che mi rispondano). Ripenso a quello che mi è stato detto.
  1. Usa la pinza per prendere la cozza dal contenitore...fatto!
  2. Porgi la cozza al polpo immergendo la pinza sott’acqua vicino ai suoi tentacoli...fatto!
  3. Aspetta che il polpo prenda la cozza e solo allora lasciala andare (devi essere SICURA che prenda l’antibiotico)...fatto!
  4. Osserva il polpo mentre si prende gioco di te e fissandoti con aria di sfida lascia cadere la cozza verso il fondo della vasca...fatto!
Neanche il tempo di capire cosa stava succedendo che quella diabolica creatura si avvinghia alla mia pinza e inizia a tirare verso il fondo della vasca per strapparmela di mano. Tira lei e tiro io, come nelle migliori competizioni di tiro alla fune. Il suo sguardo agguerrito non mi lascia un secondo, mi fissa dritta negli occhi. “Maledizione a te! Giuro che ti metto in padella con le patate! Lascia la pinza!” le intimo cercando disperatamente di riprendere il mio attrezzo. Tira e ritira alla fine lascia la presa e mi permette di riprendere la pinza (credo sinceramente che si sia impietosita). Sospiro di sollievo, la situazione è di nuovo sotto controllo. Mi ricompongo, riabbasso la copertura-anti-evasione, scendo i gradini ed esco dal retro vasca. La osservo dal vetro, devo assolutamente vedere se mangia la cozza con l’antibiotico. Lei se ne sta lì, vicino ad un’anfora (che diventerà poi la sua tana preferita) e mi guarda con disinteresse. Rimango a fissarla per dei lunghissimi minuti (saranno passati al massimo tre minuti ma a me sono sembrate due ore) fino a quando finalmente allunga un tentacolo verso la cozza, la afferra e la porta verso la bocca. VITTORIA!

Questo è stato il mio primo tragicomico approccio con il polpo e ancora mi viene da ridere a ripensarci. Il nostro rapporto è poi decisamente migliorato: ho imparato a darle fiducia porgendole il cibo a mano e a giocare con lei pulendo la vasca, a capire i suoi stati d’animo e a vedere la sua intelligenza dietro quello sguardo furbo e vivace che la contraddistingueva. Senza dubbio questa piccola canaglia mi ha dato del filo da torcere ma il rapporto che ho stretto con lei è stato sicuramente uno dei più speciali!



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